Il mio trip per l’Ucraina grazie a Eurovision
Com’era successo nel 2017, quando poi a Kiev (in Ucraina!) vinse il Portogallo, anche in questo 2021 mi hanno chiamato nella giuria italiana di Eurovision Song Contest: edizione strepitosa in cui hanno vinto i Måneskin (leggi Mòneskin). Voi direte, e chi se ne frega, lo sappiamo già, “Rock never dies”, eccetera eccetera. Ma io ve lo devo proprio raccontare: grazie alla magica eurovisione mi è preso un trip unico per l’Ucraina e gli ucraini. Mi si è aperto un mondo. E quindi, in estrema sintesi, quest’estate voglio andare in vacanza a Odessa.
Siyu, siyu, siyu, siyu konopelechky
Ve lo dico subito: quando da ora in poi vedrete scritto Ucraina, o ucraina o ucraino o ucraini, leggete con gli accenti sulle i. Sulla questione si è già espressa la Crusca e quindi chi vuole approfondire lo faccia qui. Non vorrei perdermi in chiacchiere ed entro subito in tema.
Fare la giurata italiana all’Eurovision Song Contest è un’esperienza memorabile e di grande responsabilità: per capire come è andata e come abbiamo votato noi cinque della strepitosa giuria 2021, rimando all’ottimo sito Eurofestivalnews che lo ha spiegato molto bene. Sappiate solo che bisogna prepararsi, ascoltare bene tutte le canzoni in gara (quest’anno erano 39), entrare nello spirito della manifestazione che per qualcuno è come una FEDE. Ok, faccio coming out: io ho adorato i finlandesi e il loro urlo primitivo Uh, Uh, Uh!, ma anche i lituani, ribattezzati “giallini” per i costumi, con una canzoncina dance carina. Il brano che però ha conquistato il mio inconscio ed è entrato come un tarlo a scavarci dentro è stato “Shum” dei Go_A, ovvero un pezzo elektro-folk dell’Ucraina.
Già al primo ascolto, mi ha scioccato in positivo. Cielomiomarito (NB, giornalista musicale) ha detto: «Abbassa il volume, sei pazza». Al secondo ascolto, quello delle prove, l’ho amata. Cielomiomarito ha ribadito: «Sei pazza?». Al terzo ascolto, scuotevo la testa come un’invasata e urlavo “Siyu, siyu, siyu, siyu konopelechky”. Senza capire un tubo di cosa volesse dire, ma TOTALMENTE posseduta. Al quarto ascolto, ho iniziato a seguire la cantante Kateryna Pavlenko su Instagram (@monokatee) e pure il suo gatto, agognando la pelliccetta verde che indossava in scena. A quel punto a Cielomiomarito è spuntata l’aureola e pure lui si arreso all’evidenza: «Ma che è sta roba?». Al quinto ascolto, ho scritto su Facebook che se senti Shum sembra di essere al Berghain (famoso club) di Berlino, sotto ketamina, mentre ti salgono i misteri eleusini e il dio Pan si impossessa di te e intanto declami stralci di Morfologia della fiaba di Propp e vuoi convertirmi al wiccanesimo.
E INFATTI, studiando, si apprende che “Shum” è il rumore, ma anche il Dio della foresta (quindi più o meno Pan, ci siamo). Mentre “Siyu, siyu, siyu, siyu konopelechky/Siyu, siyu, siyu, siyu zelenesenʹki”, vuol dire “Semina(ndo), semina(ndo), semina(ndo) piante di canapa, semina(ndo), semina(ndo), semina(ndo), quelle verdi”. Lo vedi che c’entravano le droghe e la consapevolezza dei sensi e il misticismo?
Il trip è proseguito quando per caso (o per destino?) mi sono imbattuta in questo strepitoso video su YouTube dove un ragazzo spiega i codici culturali dell’esibizione dei Go_A all’Eurovision.
Ci sono dei sottotitoli in italiano fatti probabilmente con Google Translate, ma il succo si capisce: per farvela breve, c’è un grande carisma e sintomatico mistero che pervade la natura Madre, la grande Dea offesa dall’esplosione di Chernobyl. Pertanto si evocano le danze popolari della primavera. Roba ipnotica da candelabri in testa nei giorni di festa e… boom! Esplosione di gioia, ma anche di reattori nucleari che poi noi da bambini solo l’eco e: “Non comprate il latte!!!». Ricordate? Era il 1986, sono passati 35 anni. Ecco spiegato perché i Go_A nel video della canzone sono in tuta con i caschi e ballano vicino alla centrale.
E dopo il vaccino… tutte a Odessa!
Insomma, di cataclisma in cataclisma, quest’anno c’è il Covid. Ma io mi sono innamorata degli ucraini. Quindi mi sto già facendo crescere i capelli per farmi la ruota di trecce come l’aranciona pasionaria, la Julija Volodymyrivna Tymošenko, o piuttosto come Barbara Alberti.
Perché, come suggeriva Franco Battiato (che se ne è andato in pieno Eurovision forse perché non sopportava gli spettacoli pieni di fumi e raggi laser) bisogna avere anche una “Personalità empirica”:
Coi dispiaceri che ci porta l’esistente
Ti viene voglia di cercare spazi sconosciuti
Per allenare la tua mente a nuovi stati di coscienza…
Quindi, pian pianino, mi sto facendo una cultura sulle uova di Pasqua che sarebbero nate in Ucraina, queste uova colorate con la cera (pysanky) , simbolo della vita, della rinascita dopo le pestilenze e le carestie, uova che rinviano la calata degli angeli delle morte… Una storia stupenda che vi invito ad andarvi a cercare da soli, perché questo è un blog che allena all’autodeterminazione dei popoli.
Io nel frattempo sto cogliendo analogie: guardo alle rose in testa delle danze del folklore ucraino e le paragono al mood palermitano di Santa Rosalia:
Tra l’altro, mentre facevo la giurata di Eurovision a Roma, nell’hotel dove alloggiavo ho fatto amicizia con la signora ucraina che serviva le colazioni. Una storia esemplare di matriarcato: lei, diplomata violinista al Conservatorio di Kiev, sono vent’anni che è in Italia per mantenere figlia, nipote e vecchia madre da sola. Mi ha fatto tenerezza, le ho spiegato gli articoli indeterminativi e il pronome dimostrativo “ne” e tornerò ad alloggiare senza motivo alcuno all’Hotel La pergola in via dei Prati Fiscali solo per rivederla e farmi tradurre “Numo, numo, narobyly shumu Narobyly, vesnu rozbudyly”. Intanto ho capito che “Shum” vuol dire rumore, sì, ma anche casino, nel senso di Chaos, chaos primordiale. Il “Risveglio di primavera” di Battiato, caspita!
Se continua così, mi appassionerò all’esoterismo teosofico di Eléna Petróvna von Hahn, ne sono certa. Ma intanto, pragmaticamente, in attesa di fare la prima dose di vaccino e di capire quando sarà il richiamo estivo, sto telefonando a tutte le mie amiche suggestionabili e poco suscettibili con una proposta vacanziera ucraina di tutto rispetto che comprende scorpacciata di Borsch e pucciamento di piedini nel Mar Nero: «Partiamo a settembre? Andiamo e ci consacriamo sacerdotesse a Odessa».
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Solo se compriamo una carrozzina vintage e poi facciamo lo slittino su una scalinata. Odessa senza “occhio della madre” non è Odessa!